Valutare una Start-up dal punto di vista finanziario non è sicuramente un compito agevole, sostanzialmente per due motivi: il primo è sicuramente l’aspetto di innovazione insito nel concetto di startup stessa che porta con sé necessariamente un alto livello di imprevedibilità; il secondo è legato invece all’assenza di dati certi di bilancio su cui effettuare un’analisi quantitativa.
Tuttavia, l’ascesa del fenomeno del Crowdfunding e la nascita di piattaforme che permettono agli investitori non istituzionali di entrare nell’Equity delle Startup pone sempre più la necessità di trovare dei metodi per valutare in modo oggettivo e quantitativo la credibilità dei business plan presentati.
Molto frequentemente, infatti, le Start-up promettono rendimenti estremamente interessanti che possono far gola agli investitori, ma tendono a volte a sottostimare il rischio insito nel loro business.
Per una Start-up che si approccia alla raccolta dei capitali il primo passo è quello di procedere all’autovalutazione della startup stessa attraverso la determinazione del valore “pre-money”, ovvero il valore che viene stabilito prima che la società raccolga nuovi capitali da investimenti terzi. Grazie a questo valore si riesce poi a determinare il valore delle quote da cedere agli investitori che partecipano all’attività di finanziamento.
Il Valore Pre-money è dunque un valore “potenziale”, perché si ricava da proiezioni finanziarie ed economiche future redatte dai soci fondatori e non da bilanci storici, che sono assenti per le startup. In ogni caso, il valore “pre-money” è un elemento essenziale ed è sempre presente nei business plan pubblicati nelle piattaforme di equity crowdfunding, ma non sempre è possibile individuare in maniera esplicitata i criteri da cui tale valore si genera.
Nonostante ciò, è fondamentale che il valore pre-money di una start-up sia definito in modo “coerente” per il successo dell’operazione. Può accadere infatti che, se il valore pre-money dichiarato è eccessivo, si possono incontrare concrete difficoltà nel raggiungere gli obiettivi di raccolta; viceversa, nel caso in cui il valore “pre-money” è troppo basso, viene meno l’appetibilità del rendimento per l’investitore cosicché la somma raccolta rischia di essere assai più modesta.
In Italia il problema di valutare una Start-up in modo corretto ancora non si è posto in maniera ufficiale e istituzionale. Non esiste infatti una specifica sezione dedicata alle startup nella dottrina aziendale italiana e in particolare nei “Principi italiani di Valutazione”, mentre negli Stati Uniti, la prassi internazionale ha sviluppato alcune tecniche rapide di valutazione basate su indici che, per quanto “grezze” permettono comunque di stabilire delle valutazioni sulle startup che, a torto o a ragione, gli operatori professionali ritengono attendibili.
Un possibile modello di valutazione della Startup e quello di valutare la coerenza fra rischio e rendimento a partire dalla combinazione del valore Pre-money dichiarato e i flussi di rendimento prospettici (generalmente indicati su un orizzonte temporale di 5 anni).
A parità di valore pre-money, se aumenta il tasso di rendimento, il rischio deve crescere in modo proporzionale.
Non è credibile infatti un business plan di una startup che presenti rendimenti elevatissimi e dall’andamento esponenziale, ma con tassi di rischio specifico allineati a quelli del settore di riferimento. La misura del rischio specifico di una Startup dovrebbe essere “ragionevolmente” almeno pari a 10 volte il rischio specifico stimato per aziende consolidate e quotate del medesimo settore.
Se manca la “coerenza” tra rischio e rendimento nel business plan e nel valore pre-money di una startup, viene meno uno dei principi cardine della Finanza, e di conseguenza la credibilità dell’intero progetto.